giovedì 1 maggio 2008

Riporto l'ntervento da me tenuto in consiglio comunale relativo alle mie dimissioni, intervento riportato integralmente anche
da VS del 28 marzo 2008
Lo sfogo di Rebecchini: la maggioranza si è chiusa nelle sue posizioni.
Nel suo intervento in Consiglio Comunale, a tarda notte, l'assessore di Rifondazione Luigi Rebecchini ha spiegato le ragioni delle sue dimissioni. Di seguito il suo intervento.
da Luigi RebecchiniRifondazione Comunista
Dico subito, onde evitare interpretazioni errate, che condivido pienamente le posizioni del consigliere Roberto Mancini, con il quale ci siamo più volte confrontati, concertando ora l'uscita da questa maggioranza. Da mesi, in effetti, la convivenza all'interno di questa maggioranza è diventata sempre più difficile. Più volte avevo fatto notare, anche in giunta, che a mio parere sarebbe stato necessario giungere a quella verifica programmatica chiesta dal mio partito ormai da ben due anni. Purtroppo, e me ne dispiaccio, il resto della maggioranza, oggi Pd, assieme al sindaco hanno snobbato tale richiesta, con il timore - palesato anche chiaramente - di dare eccessiva visibilità a Rifondazione. Non volevamo alcuna visibilità, né dettare l'agenda politica, ma confrontarci su alcune grandi e importanti questioni e nodi che stanno venendo al pettine: appunto la variante Arceviese, la variante Corinaldese -che è in qualche cassetto e che pochi conoscono- , poi la lottizzazione di via Cellini e via di seguito. Il resto della maggioranza e il sindaco si sono arroccati e chiusi, quasi in una sorta di delirio di onnipotenza. Da un governo autorevole si è di fatto passati ad un governo autoritario.
Con senso di responsabilità abbiamo resistito e insistito: oggi non è più possibile insistere. Restituisco nelle mani del sindaco le deleghe ricevute, dimissioni che come recita lo statuto comunale all'art 32 comma 4 sono irrevocabili e dovranno dal sindaco essere partecipate al segretario generale. Avrei dovuto farlo prima, ma fino all'ultimo ho evitato, da una parte per non precipitare la situazione, da un'altra parte per concludere una serie di progetti e iniziative importanti per la stagione turistica 2008. Lascio ora con la coscienza tranquilla e con la consapevolezza di aver svolto fino in fondo il mio dovere. La stagione estiva è alle porte, penso che sia quasi tutto pronto per un'altra stagione turistica straordinaria. La promozione in questi mesi è stata programmata accuratamente, come anche gli eventi promozionali e di accoglienza che a mio parere saranno qualitativamante e quantitativamente ancora di più e migliori del precedente anno. Voglio ringraziare prima di tutto il mio ufficio, dal dirigente, ai funzionari, agli impiegati dell'ufficio commercio, ringrazio i due impiegati dell'ufficio turismo (dico due non per cernita ma perché sono in tutto due). Ringrazio tutti i funzionari e impiegati degli altri settori che sono stati sempre disponibili nei miei confronti, e soprattutto gli operai che in piena estate con l'aumento delle manifestazioni, hanno visto moltiplicarsi il loro lavoro che è stato eseguito sempre non solo con perizia ma anche con passione. Ringrazio ancora i vigili urbani che si sono sempre prodigati al massimo (ne sono testimone diretto) per diminuire i disagi e non bloccare la città in occasione dei grossi eventi.
Un grazie alle associazioni di categoria, dell'artigianato, dell'industria, del commercio, dell'agricoltura, ai sindacati, con tutti il confronto è stato continuo, corretto e proficuo, li ringrazio perché mi hanno permesso di maturare assieme a loro scelte giuste e importanti. Molte iniziative sono state condivise e spesso molti progetti sono stati portati avanti assieme. Certo, personalmente, alcuni errori li avrò anche commessi, ma chi fa, chi lavora non ne può essere esente. Non ho mai scelto la strada del non fare, una linea programmatica chiara mi ha permesso di saper discernere e dare seguito anche a quei progetti di privati che potevano rientrare nelle linee di programma. Voglio ringraziare tutti quei cittadini che spesso mi fermano per strada per manifestare la loro vicinanza e il loro apprezzamento nei confronti del mio agire politico e amministrativo.
Mi dispiace non poter più personalmente procedere in quei progetti che ancora sono in itinere, ma spero che li possa prontatamente proseguire chi verrà dopo di me, mi riferisco ad esempio all'istituzione di un mercato di produttori agricoli diretti, mercato da svolgersi un paio di volte alla settimana al foro annonario. Credo che tale progetto possa essere vincente, soprattutto in un momento come l'attuale dove il cittadino è assai sensibile alla provenienza delle merci, senza tralasciare che l'azzeramento della filiera permeterebbe anche un risparmio per i cittadini. Mi dispiace, ancora, non poter partecipare ai lavori che sta svolgendo il dott Gianluca Goffi sia sull'economia cittadina e del territorio, sia sul turismo. Da tale lavoro sicuramente emergerà un'analisi più puntuale del mercato turistico e dell'ambiente competitivo per una sempre migliore individuazione e definizione degli obiettivi e per un continuo controllo delle performance obiettivo. Colgo l'occasione per ringraziare comunque alcuni amici che lavorano in ambito universitario e che con la loro professionalità mi hanno aiutato in questi tre anni in modo del tutto volontario e che sicuramente desiderano non essere citati per nome.
Voglio ringraziare in maniera calorosa i consiglieri tutti che sono stati prodighi di idee e che certamente mi hanno stimolato a cercare di fare bene. Ricordo l'importante decisione presa recentemente all'unanimità in terza commissione di costituire una consulta sul turismo. Mi auguro che possa vedere presto attuazione. Sindaco, ti ringrazio per la fiducia che mi hai dato, ringrazio i colleghi di giunta, ma non posso tacere che da qualche tempo si è aperto, purtroppo, un divario divenuto sempre più incolmabile e più aspro.Per il bene della città vi auguro un buon lavoro, anche se le mie preoccupazioni, su un fare dell'amministrazione a volte arrogante, credo non siano infondate. Comunque buon lavoro.


Intervento al convegno "Le forme della partecipazione nel governo del territorio"
Senigallia 24 novembre 2007
Assessore Luigi Rebecchini -Pianificazione e turismo-

“Pianificazione e turismo” è un tema che, seppur dibattuto, ancora stenta a trovare, a mio parere, un forte peso nel dibattito politico-culturale del nostro paese. Mi conforta il fatto che stanno comunque crescendo e si stanno sviluppando attenti studi e ricerche che portano il tema all’attenzione di politici, amministratori, operatori economici e di chi in genere interviene sul territorio.
Noi qui a Senigallia, come PRC, più di un anno fa abbiamo in parte affrontato la questione, nel corso di un convegno sui turismi con la presenza dell’assessore regionale al turismo e alle attività economiche dell’ Emilia Romagna Guido Pasi. In quell’occasione l’assessore Pasi ci riferiva di vedere la nostra regione capace di interessante attrazione turistica proprio per la buona qualità ambientale, non essendo stata investita o poco investita da quel processo di “riminizzazione” , cioè di urbanizzazione selvaggia, che invece ha investito molte zone d’Italia. In sintesi l’avvertimento è risultato chiaro: superando la “capacità di carico edilizio” di un’area, ne deriva un sicuro declino di interesse turistico. Espansioni edilizie anche di tipo turistico, come indiscriminata costruzione di appartamentini o di “villaggi”, favoriscono la distruzione del territorio e nei fatti distruggono il fine per cui quelle stesse opere vengono costruite.
Oggi affrontiamo in modo specifico i temi dell’urbanistica e della pianificazione per cercare di dare un contributo al dibattito cittadino e regionale per una urbanistica giusta. Abbiamo voluto questo convegno perché avvertiamo il rischio che quell’ armatura territoriale tradizionale, la qualità ambientale menzionata da Pasi, anche nella nostra zona rischia di essere sconvolta con processi edificatori che sono purtroppo in atto e che alcune proposte di legge regionale andrebbero ad aggravare. Non esiste piccolo comune, ad esempio, anche nel nostro territorio, che non si sia dotato di un’area produttiva con alcuni capannoni prefabbricati, alcuni vuoti e con un’accessibilità quanto meno problematica, insediamenti che si stanno spargendo nel territorio agricolo e
collinare .

IL PTC E' UN PIANO ELUSO
IL PTC della nostra provincia giustamente denuncia: “grandissima parte dei comuni della nostra regione, non ha saputo abbandonare l’eccesso di localismo nella progettualità urbanistica, anche per incrementare le proprie entrate fiscali, eccesso di localismo che ha portato ad un’eccessiva dispersione di insediamenti produttivi”.
Le entrate fiscali, purtroppo, fanno diventare i comuni “drogati di edilizia”, con conseguente massacro di un territorio dolce, piacevole ed irripetibile come quello della nostra provincia e regione.
Io porto come esempio quello che sta avvenendo sulla strada Pergolese:
fino a pochissimi anni or sono era piacevolissimo percorrerla, anche se con sede stradale non del tutto sicura, per il paesaggio che ci offriva, un’agricoltura rigogliosa si apriva ai nostri occhi per molti chilometri. Oggi invece teorie di capannoni si alternano a porzioni di terreni agricoli, nemmeno i comuni confinanti hanno saputo concordare aree uniche per gli insediamenti artigianali e industriali. Uno spreco di territorio, un massacro di territorio, nel giro di pochissimi anni è stato compiuto con grave danno alla bellezza del paesaggio, all’ appetibilità turistica di quelle vicine zone e di sicuro danno economico generale.
Stessa cosa sulla arceviese: capannoni disseminati, costruzioni ovunque, mentre l’area deputata ad accogliere gli insediamenti produttivi -l’area ZIPA- ricadente nel comune di Ostra, è rimasta per molto tempo semivuota e solo oggi si progetta il suo ampliamento previsto e che doveva avvenire molti anni fa, se i comuni della zona avessero compiuto scelte più appropriate, puntando su quell’area consortile.

IL TERRITORIO E' UN BENE COMUNE
A questo punto mi chiedo come mai la pianificazione non compia il suo dovere, come mai l’ urbanistica non sia in grado di dare risposte per un uso equilibrato e rispettoso del territorio.
Qui, come in ogni parte del nostro paese, avviene quello che si può chiamare “crisi della pianificazione”. E’ innegabile infatti che l’organizzazione e la continua trasformazione del territorio seguono linee e processi che poco hanno a che fare con le proposizioni di un piano. Ne derivano effetti molto gravi sotto due profili importanti: quello della conservazione del patrimonio comune e quello della decadenza della stessa economia.
Il patrimonio comune, il territorio, l’ambiente, il paesaggio, diventano merce di scambio per consentire urbanizzazioni ed edificazioni. Le quantità dell’espansione urbana non sono più determinate sulla base delle necessità oggettive di nuove costruzioni per la residenza, per la produzione, per il commercio, ma dalla domanda degli investitori immobiliari. Ogni nuova attività proposta, spesso, non viene valutata in relazione alla sua utilità sociale e fattibilità. La localizzazione spesso non discende da un’analisi sulla corretta disposizione in relazione alle caratteristiche dei siti, alle esigenze di accessibilità, alla tutela, ma semplicemente dalla disponibilità dei proprietari a promuovere trasformazioni del loro patrimonio immobiliare.
Non voglio dilungarmi nella descrizione dei danni che tutto ciò comporta sul patrimonio comune, sulla corretta organizzazione del territorio, sulla vivibilità, credo che siano evidenti.
Come mai questa situazione si è determinata? A mio parere torna l’antica questione del prevalere delle rendite nel nostro sistema. Credo siano necessarie strategie lungimiranti, innanzitutto a livello nazionale, se si vuole evitare una decadenza irrimediabile. Io dico che per ridare prospettive all’economia, sconfiggere la rendita è un passaggio essenziale.
Il principio basilare dovrebbe affermare la centralità del territorio come bene pubblico e collettivo e quindi come “bene comune” non alienabile, non trasformabile senza il consenso della comunità.
Le peggiori devastazioni del territorio italiano, oltre a quelle derivate da miopia o agire scriteriato di alcune amministrazioni promuovendo e realizzando anche alcune inutili opere pubbliche, sono state indubbiamente provocate dal prevalere degli interessi della proprietà immobiliare, in particolare di quella fondiaria.
In attesa che a livello nazionale maturi e divenga forte il grido di allarme a che si arrivi a considerare, con una nuova normativa, il territorio come bene comune, le comunità locali non devono certo stare in attesa, ma cercare di governare invertendo le situazioni in atto e non cadere nella logica e nella tentazione, a cui accennavo prima, cedendo alle pressioni immobiliari pur di incassare risorse per le amministrazioni, anche se utili per infrastrutture o per altro.
In questo quadro, mi sembra che sia giunto il tempo di dichiarare che il territorio tutto e in primis il territorio rurale e quello naturale, sono beni che non devono essere sottratti al godimento delle generazioni presenti e di quelle future, preservandoli da edificazioni inutili e selvagge.

TERRITORIO E TURISMO La cementificazione indiscriminata dei suoli va fermata, se non dovesse ciò accadere, la stessa economia di un territorio, in prospettiva, subirà danni gravi, soprattutto in quelle aree dove oggi per la bellezza del paesaggio esiste una forte attrattiva turistica. Parliamo assai spesso di sviluppo sostenibile e secondo me “sostenibilità” non significa apportare qualche modifica ecologica ai sistemi produttivi, ma significa non lasciare ai posteri meno risorse di quante ne possiamo godere. Per risorse intendo non sono soltanto le quattro fondamentali – acqua, aria, terra ed energia – ma anche cultura, storia e bellezza. Sembra allora maturo il momento per riprendere ed estendere la tutela dei valori che la natura e la storia hanno sedimentato nel territorio, adoperandosi per accrescere la sua qualità.
In molte parti d’Italia assistiamo a comitati ambientali che fronteggiano la cementificazione e la speculazione basata a volte sulle aspettative di incremento o presunto incremento turistico.
Si manifesta a volte, attorno ai temi ambientali, uno scontro tra un certo mondo di operatori turistici e quello della popolazione locale che si rende conto dei costi sociali altissimi che certe scelte alla fine impongono.
In questo scontro emerge, per fortuna, tra gli stessi operatori, la posizione di coloro che si preoccupano dell’equilibro ambientale proprio per difendere il turismo e per mantenere attivi i fattori di attrazione: deturpando la natura e il territorio, infatti, la fonte di ricchezza rappresentata dal turismo inesorabilmente si esaurirà.
I più recenti studi di settore ci dicono, infatti, che le risorse naturali, il paesaggio, l’ambiente svolgono un ruolo chiave nel processo decisionale del cliente per la scelta di una destinazione o di un viaggio e costituiscono sempre più il motore primo della destinazione.
Importanti elementi di attrazione e coinvolgimento sono legati all’ambiente rispettato, all’interpretazione storica dei luoghi, agli edifici antichi, ai castelli, alle fortezze, alle residenze storiche, alla bellezza della campagna e delle città. La creazione, invece, di “non luoghi”, di spazi non riconducibili ai diversi territori rappresenta di fatto la distruzione dei “luoghi” in favore di anonimi e inutili spazi. In un mondo ormai globalizzato, il turista cerca, per converso, “il locale” cioè un luogo eletto per rallentare i ritmi di vita e godere delle specificità che un territorio è in grado di offrire.
E’ finita l’era del turismo di massa, intendendo con tale termine “vacanza comunque e ovunque”, e si è aperta l’era dei “soggetti” cioè di persone sempre più colte, turisticamente evolute, spinte alla vacanza dalla ricerca di esperienze, di identità, di autenticità. In altre parole siamo passati alla fase in cui si afferma un consumatore critico e si diffonde la ricerca del “tipico” invece dello “standard”. Nella nostra regione, nella nostra provincia, nel nostro comune non dobbiamo inseguire le chimere dello sviluppo degli anni settanta, possiamo lavorare per valorizzare i nostri luoghi esaltandone le eccellenze.
Dobbiamo, allora, avere una piena consapevolezza su un punto: la grande sfida che ci aspetta è quella della qualità urbana e del territorio. Ci troviamo di fronte ad una generalizzata richiesta di qualità, in termini di ampliamento della gamma delle strutture ricettive, di gradevolezza e salubrità ambientale, di ricchezza di offerta di servizi urbani, di qualità degli spazi aperti e delle acque, di miglioramento e diversificazione dei sistemi di accessibilità e mobilità.
Il turismo oggi deve punture sull’uso integrato del sistema ambientale e culturale, sulla qualità dei luoghi urbani e sulla bellezza e ricchezza del patrimonio paesaggistico ed artistico del territorio.
Il consumo di suolo perseguito, e che si continua a volte purtroppo a perseguire, rischia di far perdere l’identità dei luoghi storici e di certi territori, si tratta oggi di attivare un rigoroso rispetto del sistema delle preesistenze ambientali e delle qualità storiche diffuse.
C’è , in questa ottica, da perseguire un responsabile e credibile processo di mutazione tipologica delle forme edilizie e insediative esistenti che metta in grado di rendere più belli e più attenti ai fenomeni di recupero ambientale, i luoghi delle vacanze. Qui a Senigallia, per esempio, questa attenzione è stata posta e viene continuamente posta nel centro storico con interventi curati e rispettosi dell’antico e voglio ricordare anche la prossima approvazione del Piano Cervellati.
E la stessa cura dobbiamo porla su tutto il nostro territorio, dall’arenile – non permettendo in un nuovo piano ulteriori stabilimenti attualmente possibili, permettendone invece una attenta riqualifiicazione degli esistenti- alla riqualificazione degli alberghi, alla periferia estrema, cercando insomma di perseguire progetti e piani che abbiano l’obiettivo chiaro di migliorare la qualità e la bellezza degli interventi che si vanno a proporre e realizzare, e non si perseguano invece fini speculativi e aumenti indiscriminati di cubature.
E’ questa un’affermazione ovvia? Non c’è niente di banale nell’affermare che la ricetta più adatta è di non aumentare ulteriormente il consumo di suolo e andare a favorire invece i processi di ristrutturazione.
Senza territorio gradevole e fruibile, al turismo viene a mancare l’ossigeno.
Se vogliamo parlare di turismo dobbiamo sapere che ci sono degli straordinari vantaggi: occupazione e reddito che provengono da un uso virtuoso del territorio. Il turismo non può convivere a lungo con lo sperpero del territorio, con l’abbruttimento delle città, con l’inquinamento e il degrado ambientale.

I PARTITI SONO DISTANTI DALLA SOCIETA'
Vorrei a questo punto accennare al tema che comunque permea tutta la tematica del governo del territorio : mi riferisco alla questione della partecipazione.
E’ un tema molto delicato: si pone sul quel delicato rapporto che va a legittimare l’urbanistica, il rapporto con la politica e la società e va a porre la questione della democrazia. In Italia oggi più che mai uno dei nodi principali sta proprio nel rapporto tra società e politica.

La società, al di là dei “grillini”, non si sente più rappresentata dagli strumenti e dagli istituti della democrazia. I partiti e le stesse istituzioni hanno perso credito e c’è una parte di cittadini che chiede sempre di più di rappresentarsi da sé.
Succede spesso che questa parte di cittadini che si organizza da sé non ha la forza di decidere, riesce, quando va bene, a ritardare alcune scelte e solo raramente a bloccarle e quasi mai a praticare decisioni propositive diverse, con risultato, anche se ha il merito di mettere il dito sulla piaga e accrescere le sensibilità sui problemi.
Quando la democrazia fu introdotta in Italia, essa prevedeva una stretta relazione tra i partiti e le istituzioni. Le istituzioni, strumenti della democrazia rappresentativa, erano nutrite dalla società attraverso i partiti.
I partiti esprimevano le varie componenti della società nei loro ideali e nei loro interessi e davano ad esse un progetto di società.
Il problema allora cui la partecipazione allude è proprio questo: come ricostituire un giusto rapporto tra la società e le istituzioni e salvi queste dalla necrosi e restituisca alla società la possibilità di intervenire in maniera positiva sulle scelte e sul potere? Come utilizzare la partecipazione nelle decisioni sul governo del territorio in modo da superare la crisi in atto?
A mio parere la soluzione va proprio cercata nella società e nelle istituzioni. Le istituzioni devono fare il massimo sforzo per aprirsi alla società, senza rinchiudersi in un rapporto sterile con i partiti, informando i cittadini in maniera esauriente sulle grandi problematiche, investendo risorse finanziarie ed umane.
La società, informata e cosciente, deve lavorare per mutare e rifondare i partiti stessi.
Non basta poi ai partiti cambiare immagine o mutare denominazione, essi devono recuperare il rapporto con la società che hanno perso, lo si recupera con i comportamenti e anche per i partiti con un approccio ai problemi serio e approfondito.
Bisogna allora, per non cadere in uno sterile populismo, ricostruire in tal modo i lati del triangolo costituito dal rapporto tra istituzioni, partiti e società, lo auspico anche come iscritto al PRC.


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